lunedì 31 gennaio 2011

Una leccia da record

Sig.Ugo Passanisi

UNA LECCIA DA RECORD

12 giugno 1985: mi ritiro, trascinandomi stancamente, da una lunga ed inutile giornata di pesca a traina; tanto per capirci, una di quelle che ti fanno desiderare di scaraventare a mare lenze ed ammennicoli vari per darsi, magari, alla raccolta dei francobolli.  In questo mare morto ho perduto, tra l’altro, arroccate agli scogli del bassofondo, le diecimila lire di un Rapala 9 nuovo nuovo nell’inutile tentativo di catturare qualche spigoletta randagia, e non è che la cosa non abbia contribuito al mio malumore.
Mentre mi accingo a doppiare la Punta d’Izzo, abbocca al cucchiaino, ed è una preda inconsueta in questa stagione, un’aguglia di discreta misura. Sono quasi tentato di ridarle la libertà, poi decido che forse vale la pena di congelarla nel freezer domestico per utilizzarla come esca in tempi migliori.
Poco più oltre una seconda aguglia, più piccola, va a far compagnia alla prima e la sua cattura conclude una giornata di pesca tutta da dimenticare.
23 luglio 1985: già da alcuni giorni al Club Nautico di Augusta si vocifera di grosse ricciole in mangianza lungo tutta la costa rocciosa da Augusta a Brucoli. Non che qualcuno dei nostri ne abbia catturate, ma c’è stato qualche violento scippo rimasto senza spiegazione e la cosa ha fatto scalpore. Così, quando improvvisamente mi sovviene delle due aguglie surgelate da oltre un mese, la decisione di tentare una sortita è immediata.
Arrivo nell’androne del Club intorno alle 16.00 e cerco di sgattaiolare inosservato davanti al solito gruppetto dei patiti del “cinchino” intenti a disputare l’ennesima partita della giornata: vorrei eludere ammiccamenti ed ironiche allusioni ai miei tentativi di caccia grossa, ma l’esca ben avvolta nel foglio di alluminio non sfugge all’occhio attento dell’amico Alfredo Bellistri che si informa premuroso (e sfottente) se ho deciso di “portare a spasso l’aguglia”. E’ un bravo ragazzo, appassionato ed esperto pescatore a traina, e la sua bonaria  e scherzosa ironia è senza malizia.
In questi giorni il mare è stato piatto come l’olio, ma oggi si è levato un discreto vento di scirocco, e le crestine bianche sul mare del Golfo Xifonio non fanno certo prevedere una navigazione tranquilla quando metto in moto il fuoribordo Mercury e mollo l’ormeggio. Mentre dirigo verso la Punta d’Izzo, armo sul portacanna l’attrezzatura nuova: canna da 30 libbre, mulinello rotante 4/0 con 300 metri di filo di nylon 0,60 di cui un centinaio di metri a mare appesantiti da un piombo a spirale da 400 grammi e, in fondo, scodinzolante come fosse viva, una delle aguglie del 12 giugno ben innescata ad arte.
Il tutto ha, invero, un aspetto un po’ pretenzioso installato sulla mia lancetta di plastica di soli 4 metri, ma tant’è, per una volta mi sono deciso a mettere da parte la consueta e fida lenza a mano.
Al traverso di Punta d’Izzo mi accorgo che sono in corso le esercitazioni al poligono di tiro e, con lo scirocco in aumento, la prospettiva di una lunga deviazione per evitare di farmi impallinare non mi sorride affatto: ho  solo l’alternativa di cambiare programma e dirigere a Sud verso la diga del porto, oppure rinunciare.  Sto quasi per invertire la rotta quando realizzo che la sparatoria è cessata e che i “guerrieri” stanno imbarcando sugli autocarri la loro mercanzia. E allora decido di andare avanti, almeno fino al faro di Capo Santa Croce anche perché so che, doppiata Punta d’Izzo, cesserà il tormento della maretta in prua.
Intanto si sono fatte le 17.00 e, malgrado il sole sia ancora alto sull’orizzonte, il cielo è velato ed il mare si è incupito perché lo scirocco non accenna a calare.  Sono esattamente davanti al faro quando avverto, improvviso ed irreale,  il gracidìo del mulinello, dapprima breve … una pausa …, poi un sibilo prolungato per un tempo che a me sembra infinito.  Cerco di restare calmo, metto la barra al centro, il motore al minimo e la prua al mare per allontanarmi dalla secca, sperando che non si tratti del solito maledetto sacco di plastica.
No, non è un sacco di plastica: ho afferrato saldamente in mano la canna e, mentre cerco freneticamente di riordinare le idee, avverto distintamente le strattonate e la lunga fuga del pesce. Stringo cautamente la frizione del mulinello e comincio, metro dopo metro, a recuperare la lenza infinitamente lunga.  Il tempo trascorre lentissimo, sono in un bagno di sudore per l’adrenalina che mi scorre nelle vene, ma ora mi accorgo che le fughe del pesce si sono fatte più brevi e meno violente, tuttavia l’animale si sposta da un lato all’altro della barca e mi costringe a continue manovre con la barra del fuoribordo per tenere la lenza lontana dall’elica, ma intorno a me il mare è vuoto di barche e ciò mi consente di combattere con maggiore tranquillità. Un  rapido sguardo all’orologio per rendermi conto che sono trascorsi oltre venti minuti dal momento dell’incoccio mentre il pesce è ancora invisibile sotto la barca e gira in tondo, quasi fosse indeciso sul da farsi.  Ma  ora sento che è stanco, e quando recupero più decisamente la lenza sul mulinello comincia a risalire, docile e senza fretta.  Quando riesco a sfilare il piombo dalla lenza, finalmente ne vedo l’argentea e massiccia mole che risale, coricata sul fianco, maestosa e vibrante, dal fondo del mare.
E’ una splendida leccia, di oltre venti chili, record di traina (a quel tempo! N.d.a.) del Club Nautico di Augusta.
Dopo un’ultima, violenta fuga, giunge a tiro di raffio, ed è già morta di stanchezza e di paura.
25 luglio 1985: questa storia ha un seguito, e, come tutte le storie che si rispettano, una sua morale perché due giorni dopo il copione si ripete esattamente, punto per punto, con la seconda aguglia come esca. Ora, al momento dell’incoccio però, mi sento freddo e determinato, i miei gesti nel recupero del pesce – che dalle reazioni intuisco ancora più grosso del primo – sono meno istintivi, più meditati e  sicuri. Tanto sicuri che, allorquando mi accingo a sfilare il piombo dalla lenza, trascuro di allentare la frizione del mulinello. E’ un attimo: quasi avesse intuito l’errore e volesse punire la mia presunzione ed il mio peccato d’orgoglio, la leccia meravigliosa che già intravvedo balenare d’argento sotto la barca scatena, improvvisa, tutta la forza della sua mole. Sento la potenza dei suoi muscoli piegare ad arco la canna che si staglia contro il sole, tendere la lenza come una corda vibrante,… spezzarla.
La vedo sprofondare per sempre nel blu del suo mare.

                                                                                                                 Ugo Passanisi

P.S. La mia leccia, comunque, servì da base per una cena luculliana, cucinata a dovere da “Donna Ina”, per tutti gli impiegati della “Banca Popolare di Augusta” (non è così, signor Presidente Pippo Caramagno?)
  



"Cerchiamo l'uomo": le interviste della nostra redazione



Le interviste della nostra redazione

Al fine di suscitare nel lettore del nostro blog pensieri e riflessioni che possono contribuire alla propria crescita umana, in conformità all’Art.3 dello statuto sociale della nostra Associazione, che riportiamo in calce,
                                                          
proponiamo:

delle interviste a nostri concittadini che dedicano gratuitamente, parte del loro tempo “agli altri” in vari ambiti del volontariato: da quello della pratica dello sport da parte dei disabili a quello dei bambini con handicap; da quello degli affetti di problemi tumorali a quello delle persone povere, sole, emarginate o ammalate; dal soccorso agli ammalati ed incidentati a quello dei donatori si sangue; da quello del donare il sapere e dell’utile aggregazione sociale a quella del servizio alla città ecc.
Le interviste riguardano i presidenti delle varie associazioni di volontariato e di promozione sociale onlus, dei club service della città, e i docenti della nostra Associazione.
            Al medesimo fine, altresì, verranno proposte interviste a “uomini significativi” che, fino all’anno 2000, con il loro impegno nei vari ambiti dell’attività umana, hanno contribuito o hanno creato le premesse per contribuire, all’arricchimento umano della cittadinanza.
Fin da ora ringraziamo quanti accoglieranno tale iniziativa e quanti avranno il piacere e l’interesse alla lettura di tali interveste, invitandoli ad esprimere sul blog o via e-mail, da inserire a nostra cura nel blog, un eventuale loro commento, in modo anonimo o firmato.
               La Redazione
Art. 3 ‑ Finalità
0l.) Le finalità della Sede locale Unitre sono quelle previste dall'art. 2 dello Statuto Nazionale e più precisamente:
  • educare;
  •  formare;
  •  informare
  • fare prevenzione nell’ottica di una educazione permanente, ricorrente e rinnovata e di un invecchiamento attivo;
  •  promuovere la ricerca ;
  • aprirsi a sociale e al territorio;
  • operare un confronto ed una sintesi tra le culture delle precedenti generazioni e quella attuale al fine di realizzare una "Accademia di Umanità che evidenzi ”l’Essere oltre che il Sapere";
  • contribuire alla promozione culturale e sociale degli Associati mediante 1'attivazione di incontri, corsi e laboratori su argomenti specifici e la realizzazione di altre attività affini predisponendo ed attuando iniziative concrete;
  • promuovere, attuare e sostenere studi, ricerche ed altre iniziative culturali e sociali per realizzare un aggiornamento permanente e ricorrente degli Associati e per il confronto fra le culture generazionali diverse.
                                                                                             

venerdì 28 gennaio 2011

giropizza 27 -1-11


Un po’ di musica e … tutto passa… 27 gennaio 2011

         Ed eccoci puntuali all’appuntamento mensile del “giro pizza” degli alunni-soci dell’Unitre presso il noto ristorante “La Cavalera”.
            Un brutto temporale scatenatosi nel tardo pomeriggio, aveva fatto prevedere serata – buca e forse molti tentennanti, temevano il peggio..ma….
            Il cielo complice e benevolo con questa "brava gente” fa cessare la pioggia, soffiare aria mite e sgombrare le nuvole. Torna il sereno, la sala si riempie, i tavoli si affollano, i saluti si intrecciano e le pizze aprono l’appetito.
            Dopo il saluto del Presidente ai “soci-unitrini” ed ospiti si chiacchiera, si scambiano battute e tutto sembra volgere alla fine quand’ecco… il nostro amico Pippo con il suo fedele assistente Carmelo, fanno partire la musica da un prezioso PC.
            Impossibile resistere! Il primo a presentarsi con enfasi alla consolle è l’appassionato amico Iano, fans e “gemello” del celebre Sinatra e parte il suo repertorio. Appalusi!
            La tentazione dell’esibizione è forte e alcune delle “canterine” facenti parte del Coro-Unitre, regalano agli amici, un’anteprima dei loro “pezzi forti” canori.
            Quand’ecco l’altro amico Pippo, apre le danze con Maria con una carica di simpatia che trascina. In pochi minuti si spostano le sedie, si fa un cerchio e molte si alzano per ballare con quel ritmo guidato dal “capo Pippo” fino a fare il trenino come i nostri nipotini.
            Come si diventa belli quando ci si fa coinvolgere dal cuore che anela a scrollarsi pesi e remore! Brave Pina, Cettina, Anna, Franca, Santina, Lina, Pina (la capoclasse!) Pippo, Maria, Carmelo, Iano, e tutte le altre che animano e regalano sorrisi e ilarità.
            Quando la musica entra nel cuore, spazza ogni ingombro almeno per quei minuti e si guadagna in salute e in umore. Basta poco a volte: una buona compagnia, una frequenza amicale, un ambiente sano, il tutto condito con la musica ed ecco si canta, si balla, e la leggerezza fa volare.
            Grazie “brava gente” per essere tornate “giovincelle”, grazie agli animatori, il cosidetto “gruppo di lavoro”, che per primi si prestano a zuccherare anche un semplice “giro-pizza”  e se poi qualcuno con il balletto, aggiunge un po’ di pepe …il risultato è assicurato: tornare a casa, riprendere i propri fardelli con cuor più leggero e grati per le quattro risate che superano l’effetto dell’antibiotico nelle influenze stagionali.
            E’ stato facile fotografare i volti gioiosi che dimostrano quanto un cuore semplice è un cuore abitato da Dio.
            Dulcis in fundo, ma non per importanza ma per sorpresa, un coro di “Tanti auguri a te!” esplode in sala per il compleanno di Mimma che da lì a qualche ora avrebbe saltato una stagione della sua vita. Anche questo è “Famiglia Unitre”.
            Alla nostra età è davvero terapeutica questa convivialità senza pretese, sono auspicabili questi momenti distensivi e liberi per portare a casa un ricordo positivo e cancellarne qualcuno meno positivo.
Grazie Unitre! Alla prossima!

Franca Morana Caramagno

sabato 22 gennaio 2011

Conoscenza dell'Amministrazione comunale

Ing. Michele Accolla: assessore - docente

            Primo incontro

Martedì 12  gennaio si percepiva aria di festa in aula dopo la pausa delle lezioni in occasione delle festività natalizie e di fine anno 2010.
Come da programma, l’Ing. Michele Accolla, assessore comunale con delega, era il docente di turno in un’aula piuttosto affollata.
Il “Responsabile dei corsi”, Dr Giuseppe Paci, dandone il saluto e i ringraziamenti a nome dell’Associazione, ha presentato il docente, tratteggiandone succintamente l’interessante curriculum, del quale viene qui evidenziato qualche aspetto più attuale:
- laureato in Ingegneria Meccanica presso Università degli Studi di Palermo nel 1983.         Nello stesso anno consegue l’abilitazione professionale.
-  Esercita la professione di ingegnere dal 1985.
-  Dal 1984 insegna, come docente con contratto a tempo indeterminato, Discipline Meccaniche e Tecnologia presso l’Ist. Tecn. Industriale di Augusta.
- Dal 2006 è iscritto all’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, nell’Albo dei pubblicisti
Notevole è stato dal 1989 ad oggi l’impegno dell’Ing. Accolla sia nell’ambito sociale che in quello politico, in sede locale e regionale. Tra l’altro:
-         è stato tra i fondatori e gli animatori del Tribunale dei diritti dell’ammalato nel 1991.
-         ha fondato e condiretto il mensile politico Ideasolidale dal 2002 al 2009.
-         riveste in atto il ruolo di responsabile regionale dell’associazione professionale Legambiente Scuola e Formazione.
-         dal 2005 al 2008 ha fatto parte della Direzione Regionale del partito dei Democratici di Sinistra.
-         nel 2008 ha aderito al Partito Democratico e dal 2010 è componente dell’Ufficio Politico provinciale.
Il docente prima di dare inizio alla prima lezione del mini-corso programmato sulla “Conoscenza dell’Amministrazione Comunale” relativa alla Politiche ambientali, ai Servizi ecologici, alla Sanità e alla Tutela ambientale di cui dal 2007 ricopre la carica di assessore comunale, ha tenuto a precisare che, impegni istituzionali hanno impedito al Sindaco, Dr Massimo Carrubba, a inaugurare ed esserne il primo docente del detto corso.
Prima di presentare all’attenzione degli “alunni” l’oggetto delle materie relative al suo assessorato, l’Ing.Accolla, ha ritenuto opportuno illustrare, con l’ausilio della multimedialità, mediante schede sintetiche, il decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267 relativo al Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali.
Si è soffermato  a parlare del Comune come ente autonomo, illustrandone le funzioni, i compiti e gli organi previsti dalla legge.
  • Consiglio
  • Giunta
  • Sindaco
Con schede corredate di foto identificative ha presentato i componenti la Giunta comunale evidenziando per ciascun assessore le deleghe di competenza.
Successivamente ha esplicitato le funzioni e i compiti della Giunta comunale come organo collegiale e del Sindaco come organo responsabile dell’amministrazione comunale.
Ha poi  presentato la “struttura tecnico amministrativa” del nostro Comune.
Entrando nello specifico dell’assessorato di cui è responsabile, il relatore ha precisato che esso si occupa principalmente di:
  • Gestione del sistema integrato dei rifiuti;
  • Campagne di disinfestazione e derattizzazione;
  • Lotta al randagismo;
  • Autorizzazioni, assieme agli enti e amministrazioni competenti, alle attività che presentano impatto con l’ambiente e la salute dei cittadini;
  • Politiche ambientali.
Senza entrare nel dettaglio dei compiti sopra indicati e di cui, con chiarezza e semplicità, l’assessore Ing. Accolla ha reso edotti i presenti, si vuole ora semplicemente evidenziare che il Piano per la raccolta Differenziata dei rifiuti è avviato ad Augusta dalla primavera 2008 e prevede la raccolta di:
  • Carta e cartone
  • Plastica
  • Vetro
  • Misto indifferenziato

       L’Assessore-docente ha voluto precisare che incominciano a vedersi gli effetti positivi del miglioramento del servizio, purtroppo spesso legato a problemi  finanziari del Comune.
       Prima di concludere l’incontro è stata data l’opportunità a numerosi interventi da parte degli alunni.
       In chiusura l’ing. Accolla ha voluto ringraziare l’Associazione per l’invito rivoltogli e si è dichiarato entusiasta nel constatare la numerosità e l’attenzione prestata dagli alunni, non più giovani di età, ma certamente giovani nello spirito e negli interessi e li ha  solleciti a collaborare perché si possa migliorare nel sistema della raccolta differenziata dei rifiuti.

                                                                                                    La Redazione


                               L'Ing. M. Accolla con il Presidente Dr. P. Caramagno


venerdì 21 gennaio 2011

Un ricordo africano della mia vita

STORIE E RICORDI D’AFRICA: “LADY BE GOOD”

   “Lady Be Good” è il titolo di un musical  di grande successo, presentato a Broadway nel 1924, ancora in voga negli USA negli anni della 2° Guerra mondiale. Sicuramente chi ha la mia età ne ricorda il motivo portante, a ritmo di jazz, canticchiato un po’ da tutti in quegli anni lontani, anche in Europa. Per questo motivo è anche il nome che fu scelto e dipinto dal suo equipaggio, com’è consuetudine nell’Aviazione degli Stati Uniti, sulla fusoliera di un aereo da bombardamento  Liberator B-24s, giunto il 25 marzo del 1943 da Topeka, Kansas, all’aeroporto di Benina (oggi Soluch International Airport), nei pressi di Bengasi, nella Cirenaica occupata dagli Alleati, ed immediatamente integrato nel 514° Squadrone, 376° Gruppo da bombardamento pesante.
   Un equipaggio di nove uomini, anch’esso appena arrivato dagli Stati Uniti qualche giorno prima, il 18 marzo, fu assegnato a quell’aereo:  quegli uomini erano abbastanza anziani per lo standard di quei tempi e tuttavia, addestrati in tutta fretta per sopperire alle pressanti richieste dei vari fronti di guerra, non avevano alcuna esperienza né di combattimento, né di volo. Insieme, aereo ed equipaggio, furono destinati alla loro prima missione di bombardamento notturno  sul porto di Napoli nel tardo pomeriggio del 4 aprile del 1943. Il Lady Be Good, insieme ad altri 13 Liberator, che costituivano la seconda ondata della missione, decollò dal campo d’aviazione di Benina mentre infuriava una violenta tempesta di sabbia, si diresse sul Mediterraneo e svanì nel nulla: questa è la sua storia e quella del suo sfortunato equipaggio.
   Subito dopo il decollo, forti venti e l’incombente oscurità impedirono al velivolo di riunirsi alla formazione degli altri 13 bombardieri e pertanto il pilota, Tenente Lt.Hatton, decise di proseguire comunque da solo. La missione fu sostanzialmente un fallimento poiché nove aerei, poco dopo il decollo, furono costretti a ritornare alla base di partenza per noie ai motori causate dalla tempesta di sabbia, mentre gli altri quattro, giunti su Napoli alle 17.50, non poterono colpire gli obiettivi loro assegnati a causa della mancanza di visibilità, scaricarono le loro bombe in mare per alleggerirsi e ridurre in tal modo il consumo di carburante, e fecero ritorno alla loro base in Libia. Anche il Lady Be Good , nel suo volo solitario, poco prima di giungere su Napoli invertì la rotta per la scarsa visibilità e, forse, per qualche problema ai motori. Poco dopo la mezzanotte, comunque,  il pilota avvertì la base di Benina che il suo navigatore automatico era fuori servizio e chiese assistenza per il volo di rientro: gli furono comunicate le coordinate della base ma non si è mai appurato se il messaggio sia stato correttamente ricevuto a bordo dell’aereo: furono pure lanciati dei razzi illuminanti per facilitare al pilota la localizzazione del campo d’atterraggio.
   Dopo qualche ora di  inutile attesa fu inviata dalla base aerea una missione di ricerca  e di soccorso sul Mediterraneo che, però, non riuscì a localizzare  né l’aereo né il suo equipaggio. Essi furono dati per dispersi e di loro, per quasi16 anni,  non si seppe più nulla.
   Nel 1958 iniziano in Libia le ricerche petrolifere da parte di numerose Compagnie Anglo-Americane, ed io ricordo bene lo scalpore destato nel mese di maggio di quell’anno dalla notizia, appena giunta a Tripoli, che un aereo della D’Arcy Oil Company aveva casualmente avvistato il relitto di un aereo non identificato in una spianata sassosa ai margini del Mare di sabbie mobili del Calanshiò, a circa 700 chilometri a sud di Benina. Le autorità militari americane della base aerea di Wheelus, nei pressi di Tripoli, ne vennero immediatamente informate senza che, però, venisse effettuato alcun tentativo per raggiungere il relitto.
   Finalmente un anno dopo, il 26 maggio del 1959, una squadra di recupero inviata dalla base aerea Wheelus giunse sul posto dove si trovava il rottame dell’aereo, identificandolo come quello del B-29 Lady Be Good scomparso oltre 15 anni prima.
Il velivolo, benché spezzato in due tronconi, era apparentemente intatto: le armi  e la radio di bordo funzionavano perfettamente, all’interno vennero ritrovati viveri ed acqua in abbondanza, e perfino un thermos pieno di tè, ma non vi era alcuna traccia dell’equipaggio e mancavano i paracadute ed i giubbotti di salvataggio.
   Solo il ritrovamento nei mesi successivi dei corpi mummificati degli aviatori, dei loro effetti personali e del diario tenuto dal 2° Pilota Robert Toner  per otto giorni, dal 5 al 12 aprile 1943, consentì infine di ricostruire i tragici avvenimenti di quella notte e dei giorni successivi.  Dopo il segnale di soccorso lanciato alla base di Benina,  il Pilota aveva continuato a volare per altre due ore fin quando, alle 02.00 di notte, ormai esauritosi il carburante, tre dei quattro motori, uno dopo l’altro, si erano fermati. L’equipaggio, allora, convinto di trovarsi ancora sul Mediterraneo, si era lanciato col paracadute portando con sé soltanto i salvagente e abbandonando l’aereo al suo destino. Il velivolo, lasciato a sé stesso, aveva continuato il suo volo con un solo motore ancora in moto, planando lentamente per altri 16 chilometri prima di atterrare, pressoché intatto, nel Deserto della Libia.
   Resisi finalmente conto di trovarsi sulla terraferma, otto degli uomini, appena giunti a terra col paracadute, si riunirono chiamandosi nel buio e cercando inutilmente il nono  membro dell’equipaggio,  morto subito dopo l’abbandono del velivolo per la mancata apertura del suo paracadute. Perse le speranze di ritrovare il loro compagno e convinti di trovarsi vicino alla costa del Mediterraneo, i  superstiti avevano iniziato il loro cammino verso Nord: avevano con sé solo una  borraccia d’acqua e pochi generi di sopravvivenza. Il diario tenuto in quegli otto giorni dal 2° Pilota, ne descrive con terribile crudezza il loro coraggio, le loro sofferenze e la loro disperata ricerca della salvezza.  Marciarono giorno e notte, percorrendo oltre 160 chilometri  di deserto, dove si  raggiunge la spaventosa temperatura di 55°C a mezzogiorno per poi scendere di notte sottozero, senza alcuna  possibilità di riparo. I primi cinque, troppo stanchi ormai per poter proseguire,  si fermarono aspettando insieme la morte, avvenuta per disidratazione, dopo aver percorso 130 chilometri in condizioni terribili. Gli altri tre, con la forza della disperazione,  avevano continuato il cammino in cerca d’aiuto per altri 27 chilometri quando, uno alla volta, due di essi erano morti a qualche chilometro di distanza l’uno dall’altro. L’ultimo di essi deve aver proseguito ancora nel suo disperato tentativo di salvarsi,  ma il suo corpo non è stato più ritrovato.
   Le cause del disastro furono allora attribuite all’inesperienza dell’equipaggio alla sua prima missione notturna di guerra, ai forti venti di coda che  avevano spinto il velivolo all’interno del deserto libico per ben 700 chilometri senza che i piloti se ne rendessero conto, ed agli errori di valutazione dell’equipaggio che, se dopo la discesa nel deserto si fosse diretto a Sud anziché a Nord, avrebbe potuto ritrovare a poca distanza il relitto dell’aereo che con la sua riserva di viveri e d’acqua avrebbe concesso a quegli uomini sventurati una lunga sopravvivenza, e con la radio, perfettamente funzionante ancora dopo quindici anni, avrebbe consentito loro di chiedere e di dirigere le operazioni di soccorso.
   La conclusione di questa tragica vicenda, chiusa nel 1960 con il recupero degli ultimi reperti dello sfortunato Lady Be Good, commosse vivamente la comunità internazionale allora residente in Libia, ed  ha ispirato nel corso degli anni almeno due romanzi ed alcuni film, tra i quali Il volo della Fenice più volte trasmesso dalla RAI.

                                                                                                                   Ugo Passanisi

domenica 16 gennaio 2011

 
“L’Unitre, La Città e il nostro blog”
*Il mio inizio del nuovo Anno 2011

Superando la personale riservatezza che spesso mi imprigiona, e per dare avvio e concretezza alla rubrica che abbiamo inserito nel nostro blog “L’Unitre, la Città e il nostro blog”, desidero partecipare ai lettori le mie riflessioni sul recente “tempo presente”: il nuovo Anno appena iniziato.

L’inizio del nuovo Anno 2011, è stato nel mio intimo vissuto riflettendo molto su dei pensieri  che il mio carissimo amico Lino, affetto dai terribili dolori del tumore che ormai lo portava alla fase terminale della vita, aveva scritto e  consegnato ai familiari:

“L’anima mia, non più nel limite del tempo e dello spazio,
ma sciolta dai lacci terreni, canta per l’eternità la Bontà del Signore.
Unitevi al mio gaudio e tutto sia festa”.
                                                           (Lino)
           
          La moglie che, su mia richiesta, poco prima della fine dell’anno, mi consegnava quei “preziosi pensieri”, per quanto visibilmente commossa, esprimeva serenità interiore.
            Lino, uomo di fede e di profonda convinzione cristiana, risiedeva fuori Augusta. Lo sapevo in fin di vita. Imbarazzato sentivo di volerlo salutare per essergli vicino almeno telefonicamente. La conversazione è avvenuta qualche giorno prima del suo ultimo respiro. Con molta semplicità, e senza giro di parole, mi confermava la sua serenità, nonostante le sofferenze e il dispiacere per l’imminente distacco dagli affetti terreni e della pena che procurava ai suoi cari.
            Le parole, i pensieri scritti da Lino sono stati costantemente presenti nella mia mente e nei miei silenzi nei primi giorni dell’anno 2011. Hanno confermato in me credente in Gesù Cristo, che nel mondo “tutto è vanità”. Che il tempo ci è dato per operare il Bene e vivere nell’Amore.
Così operando, il fluire del tempo, non colma il cuore dell’uomo di tristezza, se egli riesce, con l’aiuto divino, a fare propri e vivere  i dettami del Vangelo: glorificare Dio e fare bene ai fratelli
Questo ha testimoniato Lino con la sua vita: ha raggiunto la libertà interiore e la serenità nella sofferenza.
Così vivendo, pur nelle difficoltà di ogni giorno, si può avere il cuore colmo di serenità e anche di gioia consapevoli che l’esistenza terrena, per l’uomo, è banco di prova e cammino per rendere più vicino, fin da questa vita, l’incontro con Dio.
                                                                                              Pippo Caramagno

N.B.    Per commentare, con riflessioni personali quanto sopra si potrebbe scrivere:
  • sul senso della vita;
  • sul modo di vivere la sofferenza fisica e/o morale;
  • sull’eternità;
  • ecc..  ecc…..
       Ovviamente quelle indicate sono semplicemente delle piste di eventuali riflessioni, senza alcun limite ad altre riflessioni che ognuno potrebbe maturare ed esprimere per “arricchire umanamente il lettore”. Ciò può anche essere fatto anonimamente o servendosi di un pseudonomo.



Rubrica: “L’Unitre, la Città e il nostro blog”
Sotto rubriche:
  • “Dialogo tra soci-alunni Unitre”
  • “Dialogo tra soci-alunni Unitre e docenti”
Con l’inserimento della rubrica indicata, eseguito il 30 dicembre 2010, abbiamo avviato l’iniziativa telematica di aprire la nostra Associazione alla città. In essa è detto tra l’altro:
            “Saremo quindi ben lieti di ospitare, quanto da parte di qualunque concittadino. residente o non residente, telematicamente volesse farci pervenire, in non più di una pagina formato A/4, interlinea 1 circa sue maturazioni a seguito di  letture di particolare interesse, riflessioni e testimonianze di vita, fatti di cronaca vissuta che il nostro blog potrebbe diffondere e così fare riflettere e maturare nel lettore i valori Unitre.
Siamo convinti che ciascuno di noi, superando la ritrosia, la falsa modestia, la pigrizia, nel rispetto di una personale riservatezza, può notevolmente “arricchire” l’altro, comunicando se stesso e ciò facendo “arricchirsi”.
E’ altresì specificato che essendo la nostra una “Università delle Tre Età”, il nostro blog è a disposizione dei giovani.
Abbiamo precisato che, non essendo il nostro un blog di informazione, di cronaca, di attualità cittadina, vogliamo in esso accogliere:
  • “testimonianze di volontariato;
  • cronaca personale per condividere fatti e circostanze di vita
  • pensieri e riflessioni sul “tempo presente” riguardanti aspetti sociali, economici, morali, religiosi;
  • vicissitudini e testimonianze di vita dei tanti giovani e meno giovani concittadini studenti, lavoratori, imprenditori, professionisti che per motivi diversi lavorano e vivono fuori, in Italia o all’estero.”
    Oltre a scritti su quanto sopra, aperti a commenti e dibattiti da parte di di qualsiasi lettore, i soci-alunni dell’associazione possono utilizzare la sottorubrica “Dialogo tra soci-alunni Unitre”, nella quale, chi vuole, può:
  • auto-presentarsi per farsi conoscere, con assenso o meno alla pubblicazione della foto personale, e con cenni autobiografici;
  • dire della propria famiglia di origine e della propria attuale;
  • descrivere fatti e circostanze significativi vissuti personalmente o dalla propria famiglia e che sono stati successivamente determinanti nella quotidianità della vita;
  • dire che cosa si apprezza del proprio vissuto personale e familiare e che cosa ci si augura e spera per il proprio futuro e per quello dei familiari.
     Il socio-alunno può altresì utilizzare la sottorubrica “Dialogo tra soci-alunni Unitre e docenti” per interloquire con i docenti in merito all’ultimo incontro tenuto in aula, nella settimana in corso, e porre domande di approfondimento o di chiarimento in merito all’oggetto dell’incontro per ottenerne delucidazioni o più ampie conoscenze.
 La Redazione







sabato 1 gennaio 2011

Relatore: Sig. Ugo Passanisi Vice presidente Unitre


Misteri italiani: La scomparsa di Ettore Majorana

            Dopo una breve introduzione per illustrare le circostanze che hanno portato alla scelta del tema trattato, il relatore propone una dettagliata cronistoria della breve vita del grande fisico siciliano misteriosamente scomparso, non ancora trentaduenne nel mese di marzo 1938 al termine di un viaggio per mare da Palermo a Napoli, descrivendone dettagliatamente l’appartenenza familiare, la precocità intellettuale i brillanti studi e i risultati scolastici, la promettente ed eccezionale carriera scientifica, nonché i rapporti interpersonali e professionali con il famoso gruppo di scienziati, universalmente conosciuto con il nome di “ragazzi di via Panisperna”, che faceva capo, negli anni ’30, al futuro Premio Nobel per la Fisica, Enrico Fermi.
            Ne illustra, altresì la vivida e straordinaria intelligenza, contrapposta, però ad un carattere introverso, scontroso e schivo da ogni riconoscimento da parte del mondo accademico che lo condusse ad un isolamento quasi assoluto dal mondo esterno.
            Nel corso della sua trattazione, il Relatore esamina inoltre le tendenze politiche di Ettore Majorana che lo portarono ad ammirare incondizionatamente il nazional-socialismo e ne accentuarono il distacco dal gruppo dei suoi colleghi, in gran parte di razza ebraica e che furono verosimilmente, e secondo le ultime ricerche, all’origine della sua misteriosa scomparsa.
             Infine il relatore prende in esame le varie ipotesi che nel corso dei decenni trascorsi sono state avanzate per fornire una spiegazione verosimile al mistero della improvvisa scomparsa del Majorana analizzandone sistematicamente, una per una, ed evidenziando per ciascuna di esse i pro ed i contro della loro attendibilità, lasciando comunque la porta aperta a possibili futuri sviluppi delle indagini tuttora in corso ad opera di alcuni appassionati ricercatori.
                                                                                        Sig. Ugo Passanisi

La Proff.ssa Daniela Averna durante le lezioni
       
   "Il teorema del bello: il ruolo della matematica nelle arti"

Se la bellezza è eleganza e armonia, invero anche la matematica possiede questi attributi e se matematica è ripetizione di combinazioni date e creazione di combinazioni nuove, invero questo è il meccanismo su cui si fonda ogni elaborazione artistica; arte, matematica e bellezza sono dunque strettamente collegate in una perfetta sintesi di razionale, sensoriale e spirituale.
Il bello, sia artistico che naturale, parla al cuore e all’intelletto come filosofia e fisica, il cui intento comune è quello di indagare sulla posizione dell’uomo nell’universo; perciò esso ha una portata metafisica che ne garantisce l’oggettività, nel senso che deve esistere una “legge del bello” universale e immutabile. Espressione di questa immutabilità è l’armonia estetica di ciò che è bello e che, infatti, rimane tale nei secoli; il rapimento estatico del soggetto contemplante rappresenta un coinvolgimento nell’armonia stessa e un assaggio dell’immutabilità, che rende felici. Ecco perché il bello piace: il trasporto verso ciò che è bello dona la gioia di essere parte di qualcosa di eterno, dominando lo spazio e il tempo.
La contemplazione della perfezione di ciò che è bello conduce alla scoperta in esso di simmetrie geometriche e matematiche che portano la mente alla dimensione verticale, al trascendente; “Dio geometrizza”, diceva Platone, “la geometria è il linguaggio della natura”, asseriva anche Galilei.


   "Il tempo assoluto e il tempo relativo"

    L’infinito
 
 Infinito: è difficile trovare un’idea che abbia stimolato la mente in modo altrettanto fruttuoso.
   Fra tutte le invenzioni (o scoperte!) dell’intelletto quella dell’infinito è forse la più affascinante, ma se da un lato è considerata come sinonimo di perfezione e dunque lo spirito anela ad esso, dall’altro essa confonde i nostri sensi e la nostra razionalità, disorienta.
   Dalla matematica alla filosofia, dalla poesia all’astronomia per secoli l’uomo ha cercato di esprimere il fascino dell’infinito anzi di conquistarlo; e in questa ricerca la creatività artistica e la razionalità matematica si fondono meravigliosamente.

  
Il tempo

 “L’irresistibile fascino del tempo”(titolo di un’opera di Antonino Zichichi) ha da sempre coinvolto gli uomini, dal  contadino, il cui lavoro è un confronto continuo con il tempo, al filosofo, allo scienziato.
   Quello del tempo è tra i problemi “essenziali” ; il tempo che non passa mai troppo in fretta, questa è una bugia romantica, e neppure non passa mai, questa è una bugia esistenzialista.
   Il tempo o si rivela, e allora trascorre nella sua giusta misura, o si fa enigma e allora né passa né non passa ma sparisce in un impietrimento della realtà.
   Solo quando si dà “significato” al tempo, ovvero si finalizza tutto il proprio agire allora esso si rivela e diventa “storia”, anche la propria piccola storia.
   Il contadino non dice che il tempo non basta mai, semmai se la prende con il tempo meteorologico; il tempo scorre per lui nella giusta maniera scandito dalle semine, dalla cura dei campi, dalla raccolta.
   Per la maggior parte di noi, figli del progresso tecnologico, invece, di tempo non ce n’è mai abbastanza. Perché?
   La società del progresso materiale illuminato e dei comportamenti ad “ altissima soggettività”, e invece desoggettivati e conformizzati, dà la sensazione di un tempo vertiginoso, frenetico, sempre mancante; ed è proprio così, ne siamo convinti.
   La verità è che il tempo non c’è non perché non ce n’è abbastanza ma perché non c’e affatto, è sottratto a ciascuno dalla sua mancanza di cammino, di storia.
   Se il ruolo che abbiamo assunto nella società non è tappa della storia che noi abbiamo costruito per noi ma di quella che ci ha imposto il conformismo e se facciamo tutto su questa base non c’è storia dunque non c’e tempo.
  
                                                                     Prof.ssa D. Averna


La Proff.ssa D.Averna con il Respobsabile dei corsi G.Paci